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Un tuffo nelle tradizioni vitivinicole
della Valpolicella Classica

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Azienda Vinicola Farina Srl
Via Alberto Bolla, 11
37029 Pedemonte (VR)

Tel. +39 045 7701349 | Fax. +39 045 6800137
Email: hospitality@farinawines.com

C.F./P.Iva: 00412230237

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Vigneto

Gennaio-Febbraio: Potatura

Mentre la vegetazione della vite è sospesa, è la mano dell’uomo ad agire su di essa, modellandone le forme e predisponendola alla produzione per il raccolto d’uva dell’anno successivo.

Marzo: Schiusura gemme

Si completa la legatura dei tralci della vite e si controlla l’integrità delle prime gemme che iniziano a schiudersi.

Aprile: Comparsa dei germogli

Finalmente la vite si risveglia a primavera, compaiono i primi germogli e il vigneto si tinge di verde. In questo periodo si assiste al fenomeno del pianto della vigna, quando dai tralci scendono delle piccole gocce a testimonianza di nuova linfa.

Maggio: Fioritura

Ecco dalle gemme evolversi la fioritura della pianta, che porterà alla naturale produzione dei primi grappoli. Nel periodo primaverile-estivo si effettua la potatura verde, ovvero tutta una serie di interventi sugli organi verdi della vite, con lo scopo di mantenere le dimensioni della chioma, assicurare una superficie fogliare funzionale, migliorare la penetrazione dei trattamenti.

Giugno-Luglio: Allegagione

Solo una piccola parte dei fiori si trasforma in frutti, attraverso il fenomeno dell’allegagione, altri cadono (colatura) o si allungano in viticci (filatura) per evitare di disperdere le proprie disponibilità nutritive.

Agosto: Invaiatura

Le uve iniziano a tingersi di colore in vista della maturazione, in cui gli acini aumentano in volume e si arricchiscono di carica zuccherina. Sui grappoli ecco comparire la pruina, quella patina farinosa che garantirà la protezione degli acini dagli agenti atmosferici.

Settembre-Ottobre: Vendemmia

Quando i grappoli sono maturi e le uve hanno raggiunto un bilanciato grado di acidità e dolcezza, si dà avvio alla raccolta, eseguita rigorosamente a mano. La prima selezione certosina sarà per le uve destinate all’appassimento per la produzione di Amarone e Recioto.

Novembre-Dicembre: Caduta delle foglie

Ora è il fogliame a caricare di colori la vite, regalandoci un caleidoscopio di sfumature ed emozioni. Ha lentamente inizio il lungo letargo invernale.

Sostenibilità

La sostenibilità è centrale nella strategia dell’azienda. Tale presa di posizione netta nei confronti dell’impatto ambientale e sociale del proprio business ha spinto l’azienda Farina ad intraprendere nuove scelte ed iniziative mirate ad assicurare standard sostenibili alla propria produzione e ai consumatori.

In vigna:
– non viene praticato ill diserbo chimico in nessuno dei vigneti, sia di proprietà sia in quelli lavorati dai vignaioli-conferitori
– è stata implementata la pratica ecosostenibile della cosiddetta “confusione sessuale” in tutte le vigne, per limitare l’uso di pesticidi.
– viene utilizzato il sistema di potatura “Simonit & Sirch” per limitare le rese e prolungare la produttività e la salute delle viti.
– viene seguita una filosofia di coltivazione di “viticoltura intelligente”, che si traduce in interventi minimi e che limitano l’accumulo di metalli pesanti nel suolo.

L’ammodernamento delle tecnologie di produzione in cantina ha portato benefici in termini di sostenibilità. Oggi l’azienda Farina è all’avanguardia in Valpolicella per ogni aspetto della vinificazione, in particolar modo per i seguenti:
– l’eliminazione dell’impiego di detergenti chimici grazie all’apporto diretto di acqua calda e vapore per l’igienizzazione di tutte le attrezzature di cantina, con il conseguente notevole risparmio di metri cubi d’acqua utilizzata.
– un pannello elettronico consente il monitoraggio dei consumi energetici dell’impianto di refrigerazione dell’azienda.
– pannelli fotovoltaici coprono l’80% dei consumi sostenuti durante l’imbottigliamento.
– un sistema automatizzato di climatizzazione nei fruttai è in grado di tenere sotto controllo temperatura ed umidità interna ed esterna, privilegiando la ventilazione naturale e garantendo maggiori risparmi di elettricità.

La rivoluzione Farina

L’avvento della IV° generazione, rappresentata oggi da Claudio ed Elena, vede il suo insediarsi a partire dagli anni 2000. Inizia la fase rivoluzionaria di Farina che porterà ad un ampliamento della struttura amministrativa e produttiva, nuove aree per l’imbottigliamento e lo stoccaggio dei vini e accoglienti sale ricavate nell’antica colombaia per degustazioni ed eventi. Gli anni successivi vedono la nascita di due fruttai per l’appassimento delle uve destinate ad Amarone e Recioto, con un importante e funzionale impianto di climatizzazione a regolare temperatura ed umidità. Farina inizia ad evolvere, abbracciando tecnologia ed innovazione, tanto nella cura dei vigneti e delle uve in appassimento, quanto in vinificazione ed imbottigliamento. Diventa sempre più sentita l’attenzione alla sostenibilità, al risparmio energetico, all’utilizzo di materie prime riciclabili e a basso impatto ambientale. Cresce la voglia di sperimentare. La gamma produttiva si amplia con nuovi vini, si arricchisce di veri e propri progetti, volti a comunicare la nuova anima di Farina, più moderna ed internazionale. Nel 2019 ha inizio un ulteriore rinnovamento della struttura ricettiva, con nuove suggestive aree di accoglienza per le esperienze enoturistiche proposte oggi da Farina. Accanto al magico “cubo” di vetro all’interno della storica corte, location ideale per eventi, ecco la modernissima Wine Boutique, dove degustare i vini dell’azienda accompagnati da prodotti gastronomici di eccellenza. Importanti investimenti anche in tecnologia sostenibile e in ricerca enologica. Accanto all’acciaio e al legno per vinificazione ed affinamento, Farina punta oggi sul cemento e sulla ceramica. I coreografici “Tulip”, tini in cemento grezzo e gli innovativi contenitori in gres ceramico sono la nuova affascinante sfida di Farina, per ottenere vini maturi ma freschi, dotati di profumi di elevata purezza e al palato rotondi e piacevolmente eleganti.

L’età moderna

Nell’età moderna la Valpolicella vede un mondo agricolo proteso alla specializzazione e la vigna diventa protagonista. I Farina negli anni 60 diventano proprietari della casa colonica ed il vino viene interamente destinato alla vendita. La coltivazione della vigna si concentra sulla produzione di vini rossi, con le vendemmie ad inizio ottobre, le uve si appassiscono nei granai della villa sulle tradizionali arele, la vinificazione avviene in cemento e l’affinamento in botti grandi di Rovere di Slavonia. Si interviene sul sistema di impianto in vigneto per raggiungere minore resa e garantire maggiore qualità delle uve, si elevano alcuni vitigni siti in posizioni particolarmente vocate, tanto da creare i primi cru e si intensificano collaborazioni con alcuni vignaioli della zona per acquistare uve selezionate e rappresentative del territorio. L’azienda inizia a strutturarsi anche tecnologicamente ed i cugini Remo, Sandro e Piero Farina danno vita al primo commercio internazionale dei vini di famiglia, nelle vicine Svizzera e Germania e oltreoceano in Canada e Stati Uniti. La gamma di produzione si allarga, facendo vinificare nelle migliori zone collinare del Soave Classico e del Bianco di Custoza, e si completa con il Valpolicella Ripasso, i primi IGT e l’Amarone Riserva.

Le origini

Più di cento anni di storia legano la famiglia Farina alla terra, alla vigna e all’arte di fare vino. Testimonianze di inizio ‘900 raccontano del loro passato di mezzadri all’interno di una delle dimore più storiche della Valpolicella Classica. Il fondo agrario era destinato alle colture cerealicole per pane e polenta, agli olivi, ai ciliegi e alla viticoltura, stalla e fienile all’allevamento del bestiame. Piante di frumento si alternavano a filari di vigna, a bacca bianca e rossa, l’uva raccolta veniva pigiata in tini ed il vino risultante passava direttamente nelle botti per l’affinamento. Rappresentativi del tempo il vino bianco del Gabana, il bianco della Camerlà, nelle versioni secco e dolce e il Valpolicella Recioto Amarone. La storica bottaia, oggi ancora in uso, trasuda di storia, di tradizione, di quella passione che ha saputo forgiare negli anni l’identità vitivinicola della famiglia Farina.

Il territorio

La Valpolicella, ben stretta alla sua città di riferimento, Verona, offre ai nostri sguardi un paesaggio ricco e variegato nelle sue molteplici sfaccettature.
Territorio di balzi terrazzati, colline e avvallamenti, è una sorta di anfiteatro naturale, un’esplosione di colture a vigneto, olivi e ciliegi, muriccioli a secco, antiche cancellate e ville sontuose, in quel clima mite generato dal lago di Garda, dall’Adige e dalle pendici dei Monti Lessini.
La parte sottostante il pianoro della Lessinia, zona montuosa costituita da calcarei cretacei, è prevalentemente collinare, con presenza di lunghi dossi che dividono le valli, la più vocata alla viticoltura, su terrazzamenti realizzati in pietra, detti “marogne”.
Anche qui si presentano calcarei di età cretacea su ampi strati basaltici di natura vulcanica.
Più a sud la stratificazione di sedimenti generatisi durante le alluvioni dell’Adige e di altri torrenti, dà vita alla zona pianeggiante.

L’origine del nome Valpolicella è controversa.
Alcuni storici la riconducono all’espressione latina Polys cellae, ovvero “valle dalle molte cantine”.
Numerose le testimonianze fossili delle ultime glaciazioni a documentare la presenza della vite fin dall’età del bronzo, come altrettanti reperti dal VII° al V° sec. a.C., risalenti all’insediarsi degli Etruschi e al loro incontro con i Reti Arusnati, attestano già sviluppate pratiche di trasformazione dell’uva in vino.

Cinque i Comuni della Valpolicella Classica, quella in cui Farina nasce e produce, la più storica e vocata ad una viticoltura di qualità, ovvero San Pietro in Cariano, Negrar, Fumane, Marano di Valpolicella e Sant’Ambrogio.
Le colline di questo territorio nel 1968 hanno dato il proprio nome alla Denominazione di Origine Valpolicella che, grazie alle variegate sfaccettature del terroir, dona originalità e tipicità ai propri vini.
Un patrimonio di rara bellezza, di cui viticoltori esperti ed appassionati hanno saputo perfezionare la vocazione vitivinicola adottando buone pratiche per la gestione della morfologia del suolo e per la cura e potenzialità dei vigneti, conciliando l’esigenza della produzione con la sostenibilità dell’ambiente.

La Valpantena a nord di Verona, con i Comuni di Grezzana e la Valpolicella Est o allargata, con le Valli di Squaranto, Illasi, Mezzane, Tramigna e d’Alpone, definiscono le altre zone di confine della Valpolicella.

Forme di allevamento

Pergola

L’Italia è il paese produttore di vino con la più grande varietà di paesaggi viticoli e i vari tipi di Pergola contribuiscono a questa sua ricchezza.
Le varianti sono: Semplice, Doppia, Trentina, Veronese e Romagnola. Il sistema si compone di una serie di pali verticali a sostegno di un’impalcatura posizionata orizzontalmente (tetto)o in maniera obliqua.
Su tale impalcatura vanno fissati i tralci che sostengono i capi a frutto della vite. La Pergola Veronese è la forma di allevamento più diffusa nella provincia di Verona, nella sua variante Semplice o Doppia. La prima permette di portare la vegetazione solo su un lato della parete produttiva, ed è tipica delle zone collinari o di montagna, dove le pendenze richiedono una struttura semplice che sfrutti al massimo l’esposizione solare. La variante Doppia fa vegetare entrambi i lati della parete produttiva ed è applicata soprattutto in pianura grazie agli ampi spazi. L’inclinazione del tetto della pianta a 90° rispetto al suolo crea la struttura a “tendone”, molto diffusa nell’Italia Meridionale per la coltivazione di uva da tavola. Non più ammessa al Nord dagli anni Novanta, la Pergola Veronese ha un’inclinazione maggiore di 90°, è adatta a terreni fertili e dotati di una buona disponibilità idrica. La pianta raggiunge un buon equilibrio vegeto-produttivo ed una buona esposizione solare, senza pericolo di scottature per i grappoli grazie ai tre/quattro strati fogliari. Limitati gli eccessi di traspirazione, l’altezza del frutto da terra e la sua posizione pendula ne agevolano la cernita durante la raccolta in vendemmia. Le temperature degli acini rimangono sempre inferiori a quelle dell’ambiente, sviluppando uve con maggiori sentori floreali. L’evoluzione del vigneto a Pergola ha portato all’aumento dei ceppi per ettaro a fronte di una sensibile riduzione della produzione per pianta e del numero di gemme per ettaro, avvantaggiando così la qualità dei vini prodotti.

Guyot

Prende il nome da Jules Guyot, che lo mise a punto intorno alla metà dell’800. E’ una forma di allevamento a ridotta espansione, adatta a terreni a scarsa fertilità e tendenzialmente siccitosi, perché permette alla vite di sfruttare al meglio le risorse dal terreno. Il tronco è alto dai 40 ai 100 cm. Sul ceppo principale della pianta è inserito un ramo corto di due anni di età che porta, a sua volta, uno speroncino (sul quale sono inserite 1-3 gemme), che ha lo scopo di dare i rinnovi per gli anni successivi, e un capo a frutto (con 6-12 gemme), piegato e legato ad un filo orizzontalmente lungo la direzione del filare. La struttura è realizzata con pali robusti e fili, permette una disposizione razionale della fascia grappoli nella porzione più bassa della parete vegetativa ed uno sviluppo verticale della vegetazione, in modo da controllare al meglio l’esposizione al sole delle foglie, con un miglioramento della loro attività fotosintetica, e l’arieggiamento dei frutti. Il Guyot comporta uno sviluppo moderato e ben controllato della vite, con conseguente resa non abbondante nella produzione, a vantaggio di un’uva di miglior qualità. Adatto a terreni collinari per la semplicità della struttura, permette una facile meccanizzazione, sia per gli interventi in verde che durante la vendemmia. I grappoli sono di dimensioni ridotte, gli acini più concentrati e con temperature più alte rispetto a quelle ambientali, le uve presentano sentori di frutta matura, di confettura. Il Guyot, rispetto alla Pergola, si adatta molto bene all’incremento sostanziale della densità, ma occorre saperne gestire bene lo sviluppo, consapevoli dei limiti fisiologici e produttivi della pianta e delle caratteristiche del contesto territoriale.

Marogne

Il passaggio alle moderne coltivazioni non ha cancellato i segni della viticoltura tradizionale. Ecco allora i pendii della Valpolicella dominati dai profili dei vigneti coltivati ancora su particolari terrazze realizzate in pietra, detti MAROGNE. Questi tipici muri a secco, realizzati con arte e maestria da scalpellini e viticoltori, svolgono l’importante funzione di trattenimento e di lento drenaggio delle acque meteoriche, salvaguardando da possibili frane e smottamenti. Riscaldati dal sole diventano collettori di calore e nei periodi più freddi mitigano gli effetti del rigore del gelo sulle radici della vite. Le marogne inoltre, poichè popolate da tante specie animali e vegetali, diventano dal punto di vista ecologico veri e propri sistemi naturali, a tutela della biodiversità del territorio.